Ambientazioni cupe, dialoghi serrati e tensione costante: Netflix scommette su un thriller familiare che scava nelle emozioni più profonde.
Due tombe non è la solita serie thriller. È una corsa emotiva, breve ma intensa, che scava nel buio del dolore e nel peso incancellabile della vendetta. Pubblicata su Netflix ad agosto 2025, la miniserie spagnola si compone di pochi episodi da circa 50 minuti ciascuno, ma riesce a lasciare un segno profondo, grazie a una scrittura essenziale e a due interpretazioni che reggono l’intera struttura narrativa.
Al centro della storia c’è Kiti Mánver, nel ruolo di Isabel, una madre sconvolta dalla scomparsa della figlia. Il suo volto, segnato ma deciso, racconta più delle parole. È una donna che non cerca giustizia nei tribunali, ma tra le pieghe oscure della verità, anche a costo di infrangere la legge. È qui che nasce l’alleanza pericolosa e sorprendente con Rafael, interpretato da Álvaro Morte, padre di un’altra ragazza scomparsa e narcotrafficante dal passato ambiguo. Due mondi diversi, uniti da un dolore comune e una disperata sete di risposte.
Kiti Mánver e Álvaro Morte trascinano lo spettatore dentro una spirale di dolore
La forza della serie sta tutta nella chimica tra i due protagonisti, che incarnano due percorsi paralleli: quello della colpa e quello della disperazione. Isabel è metodica, istintiva, spinta dall’urgenza di capire. Rafael è ambiguo, pieno di zone grigie, ma capace di momenti di sincera fragilità. La loro alleanza forzata è una delle scelte narrative più interessanti del progetto, perché obbliga entrambi a fare i conti con le loro ombre.

Kike Maíllo, alla regia, costruisce ogni episodio come un crescendo di tensione, evitando i cliché tipici del genere. La sceneggiatura è firmata dal collettivo Carmen Mola, nome d’arte di Agustín Martínez, Jorge Díaz e Antonio Mercero, già noti per le loro opere letterarie di successo. Il loro stile si riconosce nella scrittura tagliente, priva di digressioni, dove ogni scena ha un peso e ogni silenzio dice qualcosa.
Visivamente, la serie sorprende: il contrasto tra la luce calda del sud della Spagna e la freddezza morale dei protagonisti ricorda i migliori esempi del nordic noir, trasportati però in un contesto mediterraneo. Le location, tra villaggi isolati, sentieri sterrati e case in rovina, amplificano la sensazione di smarrimento e minaccia costante.
Un racconto asciutto e crudele, che lascia il segno ma non risponde a tutto
La struttura narrativa è volutamente compatta: pochi episodi, zero riempitivi, ritmo serrato. Eppure, è proprio questa sintesi a lasciare qualche interrogativo in sospeso. Alcuni personaggi secondari, potenzialmente interessanti, rimangono poco sviluppati. Alcune dinamiche familiari, solo accennate, avrebbero potuto aggiungere profondità. E il finale, sebbene efficace, rischia di risultare prevedibile per i più appassionati del genere.
Tuttavia, il messaggio centrale non si perde: la serie prende il titolo da un antico proverbio confuciano, secondo il quale “prima di intraprendere un viaggio di vendetta, scava due tombe”. Ed è proprio questo il cuore tematico del racconto: la vendetta come cammino che consuma, non solo chi la subisce, ma anche chi la cerca.
Il pubblico ha reagito in modo variegato: su Google ha ottenuto il 51% di gradimento, su Rotten Tomatoes ha convinto l’80% degli utenti, mentre su IMDb si attesta a 6,3/10. Numeri non eclatanti, ma sufficienti per consolidare la posizione della miniserie tra i thriller psicologici da non perdere del 2025.
“Due tombe” è una storia di corpi assenti e verità sepolte, ma anche di una madre che non si arrende. È un thriller che punge senza esagerare, raccontando la fragilità umana con uno sguardo secco e dolente. Non è perfetto, ma è onesto. E oggi, in un panorama saturo di storie urlate, basta anche solo questo per fare la differenza.





