Un nuovo rapporto fotografa lo stato critico dei ghiacciai alpini, minacciati da temperature sempre più alte e da una riduzione drastica delle nevicate.
I ghiacciai delle Alpi italiane continuano a ritirarsi a un ritmo senza precedenti. È quanto emerge dal monitoraggio condotto da Legambiente, presentato a Milano a inizio settembre 2025, che segnala una riduzione delle superfici glaciali mai così rapida negli ultimi decenni. La causa principale resta il cambiamento climatico, con temperature medie sempre più elevate e inverni poveri di neve. Una combinazione che, secondo gli esperti, mette a rischio non solo l’ecosistema montano ma anche l’approvvigionamento idrico di milioni di persone.
I dati del monitoraggio e l’impatto sul territorio
Secondo il rapporto, negli ultimi trent’anni i ghiacciai italiani hanno perso oltre il 40% della loro superficie complessiva. Solo dal 2000 a oggi il volume si è ridotto di un terzo, con punte di arretramento che superano i 30 metri l’anno in alcune valli alpine. L’analisi si concentra in particolare su aree come l’Adamello, il Monte Bianco e l’Ortles-Cevedale, dove le immagini satellitari confermano il restringimento progressivo delle lingue glaciali.

L’impatto di questo processo non riguarda solo la morfologia del paesaggio. I ghiacciai svolgono un ruolo essenziale nel ciclo dell’acqua: rilasciano gradualmente riserve durante i mesi estivi, garantendo flussi costanti ai fiumi e alimentando bacini idroelettrici. La loro riduzione si traduce in portate più irregolari, con piene improvvise in primavera e siccità marcate in estate. Una dinamica che mette sotto pressione l’agricoltura della Pianura Padana, già colpita da stagioni sempre più aride.
La mancanza di innevamento invernale accentua il problema. Le precipitazioni nevose, diminuite in media del 20% negli ultimi dieci anni, non bastano più a rinnovare il bilancio idrico dei ghiacciai. Molte stazioni sciistiche hanno dovuto ricorrere in modo massiccio alla neve artificiale, aumentando il consumo di acqua e aggravando uno squilibrio già critico.
I rischi futuri e le richieste di intervento
Il rapporto di Legambiente lancia un avvertimento: senza azioni concrete, entro fine secolo potrebbero sopravvivere solo poche aree glaciali sopra i 3.500 metri di quota. Questo scenario comporterebbe conseguenze dirette anche per la sicurezza delle comunità montane. Il progressivo scioglimento aumenta infatti il rischio di frane, crolli e valanghe, come già osservato negli ultimi anni con episodi sul Gran Paradiso e in Val di Sole.
Sul fronte economico, la scomparsa dei ghiacciai colpirebbe il turismo alpino, con una riduzione dell’attrattività per le località legate allo sci e agli sport invernali. Secondo uno studio collegato al rapporto, circa il 60% delle piste oggi operative potrebbe non essere più sostenibile entro il 2050. Un dato che mette in discussione la tenuta di un settore che vale miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro.
Legambiente chiede un’accelerazione delle politiche di mitigazione del cambiamento climatico, con riduzione delle emissioni e investimenti in fonti rinnovabili. Ma insiste anche sulla necessità di piani di adattamento locale, come la gestione integrata delle risorse idriche e la prevenzione del rischio idrogeologico.
La questione dei ghiacciai diventa così un banco di prova per misurare la capacità del Paese di rispondere a una crisi che non riguarda più solo scenari futuri, ma una realtà già evidente. Le immagini diffuse dagli esperti mostrano crepacci sempre più larghi e fronti glaciali arretrati, simboli concreti di una trasformazione che procede a velocità impressionante.