Dal 2019 al 2025 i prezzi del cibo sono saliti di oltre il 30% e i consumi hanno registrato un calo netto. Le famiglie italiane stringono la spesa, mentre i dati Istat e le associazioni dei consumatori parlano di rischio speculazione.
Secondo l’Istat, i beni alimentari in Italia costano oggi quasi un terzo in più rispetto al 2019. L’aumento, reso pubblico il 10 settembre con la Nota sull’andamento dell’economia, supera la capacità di spesa delle famiglie e porta a un ridimensionamento della qualità e della quantità dei prodotti acquistati. Una dinamica che, spiegano le associazioni dei consumatori, genera allarme e sospetti di speculazione.
Il confronto con l’Europa e il peso sui bilanci
A luglio 2025 i prezzi al consumo dei beni alimentari e delle bevande non alcoliche risultano più alti del 30,1% rispetto alla media del 2019. L’impennata principale si è registrata tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2023, con un ritmo che non si è più fermato. Il quadro europeo mostra incrementi ancora maggiori: la media UE tocca il +39,2%, la Germania il +40,3%, la Spagna il +38,2%, mentre solo la Francia resta più bassa con il +27,5%.

Il carrello della spesa, che in Italia è composto per l’88,5% da alimentari, continua a spingere in alto l’inflazione di settore. Tra luglio e agosto l’aumento tendenziale dei prezzi è passato dal 3,2% al 3,5%, un ritmo superiore rispetto all’inflazione generale. Le sigle dei consumatori ricordano che gli indici percentuali non restituiscono l’impatto reale sulla vita quotidiana. Come sottolinea Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, i numeri non dicono quanto costa davvero un litro di olio o un chilo di caffè rispetto al resto d’Europa.
Consumi ridotti e famiglie spinte verso i discount
L’Istat certifica che, tra il 2019 e il 2025, le vendite alimentari in volume sono scese del 6,5%, mentre in valore sono salite del 19,3%. Le famiglie, quindi, spendono di più per portare a casa meno prodotti. Un paradosso denunciato dal presidente di Adoc, Gabriele Melluso, che parla di carrelli sempre più vuoti a fronte di spese crescenti.
La risposta dei consumatori si legge nei numeri: la spesa nei discount è cresciuta del 45,6% in sei anni, con una quota sempre più rilevante di prodotti acquistati in offerta o prossimi alla scadenza. Secondo l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, il consumo di carne e pesce si è ridotto del 16,9%, mentre il 51% delle famiglie dichiara di privilegiare le promozioni. Anche il Rapporto Coop 2025 conferma lo stesso scenario: meno varietà, più attenzione al prezzo e qualità sacrificata dopo anni di tagli.
Le crisi degli ultimi anni – dal Covid al caro-energia, fino alla guerra in Ucraina – hanno alimentato l’aumento dei costi. Le associazioni come Codacons denunciano che i listini, gonfiati dalle emergenze, non sono mai tornati indietro, segno di una speculazione che resta sulle spalle dei cittadini.
Il contesto attuale si intreccia con altri dati preoccupanti: la Caritas stima che il 23,5% degli italiani abbia un lavoro ma resti in condizione di povertà. In assenza di misure strutturali, l’Italia rischia di consolidare una nuova normalità fatta di spese obbligate e consumi impoveriti, con ripercussioni dirette sul benessere delle famiglie e sulla domanda interna.