Una famiglia del Salento porta in giudizio Poste Italiane per buoni postali ritrovati dopo vent’anni. La cifra richiesta supera i 200 mila euro.
In Salento, il 16 settembre 2025, una vicenda destinata a far discutere è approdata davanti al giudice civile. Una famiglia ha citato in giudizio Poste Italiane spa per sedici buoni postali fruttiferi, ciascuno del valore di dieci milioni di lire, rimasti nascosti in un mobile per oltre vent’anni. La società ha negato il rimborso, sostenendo che i titoli, emessi tra il 2000 e il 2001, sarebbero ormai prescritti.
Gli eredi, però, non si sono arresi. Hanno scelto la via legale contestando la posizione di Poste: secondo i loro avvocati, quei buoni non riportano elementi fondamentali come la serie, la durata e la data di scadenza. Senza tali informazioni, la prescrizione non avrebbe potuto iniziare a decorrere, perché i risparmiatori non erano stati messi in condizione di conoscere i termini entro cui chiedere il rimborso.
L’udienza fissata a Lecce e la posta in gioco
La somma rivendicata non è marginale. Tra capitale iniziale, interessi maturati, rivalutazioni e accessori, la cifra complessiva supera i 200 mila euro. La prima udienza è calendarizzata per gennaio 2026 davanti al Tribunale civile di Lecce. Ma il cuore della disputa non riguarda solo il denaro. È in discussione la trasparenza dei prodotti di risparmio che per decenni hanno rappresentato una forma diffusa di investimento per milioni di italiani.
L’avvocato Giovanni Chiffi, che assiste la famiglia salentina, ha chiarito la posizione dei suoi assistiti: “Il risparmiatore deve poter capire dal titolo stesso quando e come esercitare il proprio diritto. Se i buoni non contengono queste informazioni, non si può parlare di prescrizione”. Secondo la tesi della difesa, Poste avrebbe violato i doveri informativi già previsti dalla normativa in vigore all’epoca, consegnando strumenti incompleti e privi delle indicazioni essenziali.
Per questo il caso potrebbe assumere un valore che va oltre la vicenda privata. Se i giudici dovessero accogliere la tesi degli eredi, la decisione aprirebbe la strada a numerosi ricorsi analoghi in tutta Italia, rimettendo in discussione la sorte di tanti buoni dichiarati prescritti.
Buoni dormienti e segnalazioni in tutta Italia
Il caso salentino, infatti, non è isolato. Esistono migliaia di episodi simili, legati a buoni postali e conti dormienti mai riscossi. Dati ufficiali confermano la portata del fenomeno: tra il 2018 e il marzo 2022 all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) sono arrivate oltre 713 mila segnalazioni relative a buoni caduti in prescrizione e non rimborsati.
La questione è già costata caro a Poste Italiane. Nel 2022 l’Agcm ha inflitto due sanzioni pesanti, rispettivamente da 560 mila euro e 840 mila euro, qualificando come scorrette alcune pratiche commerciali legate proprio alla gestione dei titoli. La vicenda della famiglia salentina rischia dunque di riaccendere i riflettori su uno dei capitoli più delicati della storia del risparmio postale italiano.
Per molti cittadini, i buoni postali hanno rappresentato uno strumento di fiducia, un modo sicuro per accantonare risorse. Ma le controversie degli ultimi anni hanno incrinato questa percezione. Non a caso, il fronte dei ricorsi si è allargato e la giurisprudenza si è trovata più volte a intervenire su casi analoghi, con esiti non sempre uniformi.
Ora spetta al Tribunale di Lecce esaminare la questione e stabilire se la mancanza di dati essenziali sui titoli possa davvero annullare l’effetto della prescrizione. Una sentenza favorevole agli eredi aprirebbe scenari imprevisti e potrebbe cambiare le sorti di migliaia di risparmiatori che si trovano in situazioni simili.