Dopo l’intervento di Antonino Cannavacciuolo in Cucine da incubo, diversi ristoranti hanno chiuso. Ecco i dati e i casi più emblematici.
Molti telespettatori credono che partecipare a Cucine da incubo rappresenti per i ristoranti una garanzia di rinascita. Ma quando si spengono le telecamere e cala il sipario televisivo, la realtà spesso è diversa. Antonino Cannavacciuolo, diventato volto iconico del format italiano nato sull’idea di Gordon Ramsay, non sempre riesce a salvare i locali dall’inevitabile chiusura.
Il programma promette di trasformare ristoranti sull’orlo del fallimento: arredamento rinnovato, menù aggiornato, consigli di marketing e gestione. La narrazione televisiva è intensa e appassionante: litigi tra titolari, piatti improponibili e atmosfere tese, seguite dalla speranza di una rinascita. Ma fuori dal piccolo schermo i dati mostrano un quadro più complesso: in Italia, come all’estero, molti locali non sono riusciti a resistere nel lungo periodo.
I dati: chi resiste e chi no dopo la trasmissione
Le statistiche confermano che il fenomeno non è isolato al nostro Paese. Nella versione britannica del programma quasi la metà dei ristoranti coinvolti ha chiuso poco dopo la messa in onda, in alcuni casi già nello stesso anno della partecipazione.
In Italia, i numeri non sono troppo distanti. Nelle prime otto stagioni di Cucine da incubo sono stati coinvolti 67 ristoranti: 18 hanno chiuso definitivamente e 8 hanno cambiato gestione. Alcuni casi sono rimasti emblematici. A Milano, il locale Cuore Sapore aveva annunciato una riapertura nel 2014 che non si è mai concretizzata. Nello stesso anno, a Roma, chiuse i battenti Pane e Olio. Due anni dopo, a Padova, la stessa sorte toccò a Vita Nova e Osterie del Terzo Tempo.
Questi esempi dimostrano come la spinta mediatica del programma non basti a garantire stabilità economica e continuità gestionale.
Perché la “cura Cannavacciuolo” non basta
Cannavacciuolo è oggi uno degli chef più influenti d’Italia, con ristoranti di lusso e programmi televisivi di enorme successo come Masterchef. La sua presenza ha un impatto mediatico forte e un valore promozionale immediato per i locali coinvolti. Ma la realtà quotidiana della ristorazione richiede ben altro.
Le ristrutturazioni e i cambiamenti proposti in trasmissione, infatti, sono a carico dei proprietari (seppur a condizioni agevolate), non della produzione. Questo significa che, oltre ai problemi già presenti, i ristoratori si ritrovano spesso con nuove spese da sostenere.
Se all’inizio l’effetto novità porta clienti curiosi e un temporaneo aumento di prenotazioni, col tempo subentrano le difficoltà di sempre: la gestione del personale, i costi di approvvigionamento, la concorrenza locale e la capacità di mantenere standard elevati. È qui che molti locali inciampano, nonostante i consigli ricevuti.